L’Ovo
Quando la grande arte riesce a entrare in un dialogo fecondo con il territorio che la ospita accadono sintesi stupende come quella dell’affettuosamente chiamato “Ovo” di Mirella Bentivoglio, che sembra essere stato sempre lì dove l’artista lo ha immaginato e costruito. A pochi metri di distanza dalla Porta di Sant’Ubaldo, in un punto di passaggio della corsa dei Ceri, l’uscita dalla città e l’imbocco del secondo “Buchetto” (l’iniziale, strettissimo tratto della strada che conduce alla Basilica di Sant’Ubaldo), quest’opera monumentale rappresenta, nelle intenzioni dell’artista, “L’adultera lapidata” ed è la prima scultura pubblica femminista in Italia.
La Bentivoglio l’ha realizzata nel 1976 in occasione della Biennale d’arte di Gubbio, quell’anno dedicata a metallo, ceramica e altri materiali, definendola “un accordo di pace tra uomo e donna nel segno dell’uguaglianza”.
Il popolo eugubino l’ha assimilata e fatta propria al punto che a distanza di qualche anno dal crollo, avvenuto nel 2004, l’ha voluta restaurare e rimettere al suo posto con una partecipatissima cerimonia, nel 2022.
L'”Ovo” sta lì a ricordarci che quando l’artista si pone in ascolto profondo e sincero del luogo, riesce a compiere “un’operazione mimetica e simbolica, rendendo l’opera parte del paesaggio urbano, quasi necessaria”. (Art Tribune)